Marco Petrus | Elisabetta Barisoni, Marco Petrus, dal generale al particolare
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Elisabetta Barisoni,
Marco Petrus, dal generale al particolare

in Capricci veneziani, Marsilio Editori, Venezia 2023

In occasione della grande mostra dedicata al Maestro dell’arte antica veneziana Vittore Carpaccio, in programma a Palazzo Ducale, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna rinnova la sua vocazione di suggerire sempre nuove letture del passato con la lente del tempo presente.
Di lente si può davvero parlare nel caso del nuovo ciclo di dipinti di Marco Petrus, che il pittore milanese fa derivare, più o meno direttamente, dalla visione e dallo studio attento delle opere di Carpaccio e di Giovanni Mansueti. In particolare, la serie trae suggestione dalle linee e dai pattern delle tradizionali braghe veneziane che vestono le figure nei grandi teleri esposti alle Gallerie dell’Accademia. Il primitivismo dei Maestri antichi diventa, nella serie Capricci, una traduzione mentale che astrae un particolare del dipinto o del ciclo pittorico e lo esplode sulla tela. Il processo parte da una minuziosa analisi dei dettagli decorativi e si sviluppa nella ripetizione e riproduzione delle trame cromatiche, esplicitandosi infine nella riflessione e inflessione dei ritmi che ne escono. Si realizza così una grande installazione che assume le dimensioni ed il significato di un nuovo ciclo pittorico.
Le forme lineari e iconiche dei capolavori di Carpaccio e Mansueti sono state, nei secoli scorsi, fonte di fascinazione per molti autori sintetisti e simbolisti, «alla ricerca di un primitivismo preaccademico»1, e anche per numerosi campioni del ritorno all’ordine e del realismo magico italiano. La verità e la semplicità dei Maestri antichi e al contempo il senso di sospensione e inquietudine che riverberano nei cicli pittorici o nei dipinti- uno fra tutti Due dame di Carpaccio nella lettura che ne diede John Ruskin-, riecheggiano nelle città attraversate in silenzio da Petrus lungo tutta la sua produzione matura. Non è un caso che della qualità e peculiarità della sua pittura abbiano scritto numerosi storici e critici d’arte legati al linguaggio architettonico e al periodo del ritorno all’ordine italiano.
L’arte di Petrus non prevede figura, come per i padri dell’astrattismo di primo ‘900, poiché in un certo modo la figurazione disturba la resa del ritmo, del colore, della musica. Non entrano, nella pittura di Petrus, nemmeno la narrazione o l’aspetto decorativo perché, soprattutto nelle celebri visioni della città di Milano, la concentrazione è massima a rendere lo sguardo fotografico, le architetture immerse nel silenzio, le segrete corrispondenze che si ritrovano nel nostro quotidiano. Fanno eco la sintesi sironiana e la volontà compositiva e costruttiva degli anni venti e trenta, i silenzi di Hopper, l’isolamento dell’oggetto di Morandi. In Capricci le geometrie di Petrus sembrano diventare musica, in alternanza tra armonia e disarmonia, e sono governate dalla sintesi e dall’essenzialità. Bisogna cercare il ritmo, scriveva Elena Pontiggia a proposito delle città di Petrus, e anche in queste nuove opere l’artista ritrova il ritmo applicando la sua peculiare lente non alle visioni e agli scorci urbani ma ai particolari, ai dettagli della storia. Non c’è tragicità nelle opere di Petrus: «Tuttavia una sottile inquietudine percorre sotterraneamente i suoi lavori più recenti: l’idea di addendi infiniti che non possono portare a una somma, perché la somma, l’approdo finale, non esiste».2
Se Alessandro Mendini per commentare la sua produzione parlava di «architettura vista sub specie pittorica», con Capricci la prospettiva si capovolge ed ora è la pittura ad essere resa sub specie architettonica.3 Il titolo della serie non deve trarre in inganno. Di Capricci non si tratta nel senso tradizionale del termine, perché le opere non sono frivolezze estemporanee ma esprimono una lenta sedimentazione e riflessione sulla materia antica e sui Maestri dell’arte primitiva veneziana. Petrus gioca sull’ambiguità del titolo. Sono Capricci perché nella sua produzione si stagliano come un unicum, almeno fino ad oggi, o perché richiamano la tipologia compositiva della veduta costruita che accompagna la pittura veneziana tra il XVII e il XVIII secolo? A ben guardare, le combinazioni e le riproduzioni dei Capricci non prevedono invenzioni nel senso classico del termine, ma agiscono piuttosto sul significato dell’ingrandimento, del blow up tratto dall’antico, che viene in questo modo de-contestualizzato e reso materia aniconica e contemporanea. Capricci è un progetto che non va letto nei singoli lavori ma come una grande installazione, dal generale al particolare. Le due sale di Ca’ Pesaro diventano un’unica opera site specific dove si articolano scansioni precise di composizioni a polittico, che richiamano le architetture classiche e il rapporto della pittura con la decorazione degli ambienti (visto nelle Scuole, nelle confraternite, nelle chiese, prima ancora che nei palazzi veneziani), secondo quanto rilevava già Fulvio Irace: «Come un pittore di icone, Petrus crede insomma nel valore salvifico dell’Architettura, fonte di mistero e di adorazione».4
Il ciclo Capricci avvolge il visitatore in un universo di textures ripetute e regolari dove si intravedono piccole variazioni e richiami iconografici ma i cui veri protagonisti sono linea e colore. Il risultato è una composizione astratta, monumentale nella scala ma non retorica e, alla fine, anticlassica. Nelle maglie del “tessuto” cromatico di Capricci intervengono delle deformazioni, delle rifrazioni ottiche, degli aggiustamenti, che parlano la lingua del nostro tempo. L’opera di Petrus è astratta, nel senso ambiguo del termine che già faceva interrogare Alfred Barr nel 1936: «Ciò non toglie che l’aggettivo “astratto” sia confuso e persino paradossale. Perché una pittura “astratta” è davvero una pittura effettivamente più concreta poiché limita l’attenzione alla sua superficie immediata, sensuale, fisica molto più di quanto non faccia la tela di un tramonto o di un ritratto. Anche l’aggettivo è confuso, perché implica sia un verbo che un sostantivo. Il verbo astrarre significa estrarre o allontanare da. Ma il sostantivo astrazione è qualcosa di già estratto o allontanato da – tanto che come una figura geometrica o un profilo informe può non avere alcun rapporto apparente con la realtà concreta». 5
Capricci costituisce un punto di arrivo della lunga ricerca che Petrus ha condotto negli anni per individuare la bellezza che soggiace al nostro vivere e al nostro vedere. Una bellezza che l’artista trova nella geometria, inseguita e ricercata nelle città contemporanee, nei moduli compositivi della tradizione classica, infine nei particolari descrittivi dei maestri antichi. Tutta l’arte di Petrus diventa così una sorta di magico e atemporale invito a guardare, a trovare i ritmi nascosti in ciò che vediamo e a fissarli sulla tela. Abbandonata la liquidità del tempo presente, l’hic et nunc in cui siamo immersi, Petrus non esita a scandire nette fasce geometriche con colori puri e a definire un tempo sospeso ed eterno. Il risultato è di grande potenza senza precarietà, di sospensione quasi spirituale. La nuova serie di Petrus ospitata a Ca’ Pesaro, in relazione intima con i capolavori di Carpaccio accolti a Palazzo Ducale, si può leggere anche come una grandiosa ode alla pittura e un omaggio appassionato alle infinte rifrazioni e ai ritmi senza tempo dell’amata Venezia.

 

1 Su questi temi si veda A. Bellieni, Carpaccio nel XIX secolo: verso un’interpretazione moderna, in Vittore Carpaccio. Washington, National Gallery of Art, 20 novembre 2022 – 12 febbraio 2023; Venezia, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge, 18 marzo – 18 giugno 2023, pp. 99-107.
2 E. Pontiggia, Dalla rappresentazione al ritmo, in Marco Petrus. Antologica. 2003-2017, catalogo della mostra a cura di E. Pontiggia, Catanzaro, Museo MARCA, 13 maggio- 20 agosto 2018, Marsilio, Venezia 2018, p. 14.
3 A. Mendini in Marco Petrus. Synchronicity, Milano 2011
4 F. Irace, Pittore di icone, in Petrus’Milano, Milano, 2008
5 A.H. Barr, Introduction. The early twentieth century e Abstract, in Cubism and abstract art, catalogo della mostra a cura di A.H. Barr, Jr, Museum of Modern Art, New York 1936.